Pressioni ibride e forza extraterritoriale riscrivono la sicurezza europea

L’escalation russa, le piazze nordafricane e gli attacchi extraterritoriali mettono a rischio il diritto

Luca De Santis

In evidenza

  • Quindici droni avvistati sopra il poligono militare di Elsenborn in Belgio
  • Interferenze ai satelliti militari britannici riportate con cadenza settimanale
  • Ordine di evacuazione per Gaza City con chi resta considerato militante

La mappa del potere oggi scorre su tre assi: guerra ibrida alle porte d’Europa, repressione che riaffiora nel Mediterraneo allargato, e uso extraterritoriale della forza che ridefinisce i limiti del diritto. Le discussioni più votate restituiscono un mondo nervoso, dove i confini si spostano al ritmo dei droni e dei decreti.

Europa sotto pressione ibrida

Il confronto con Mosca abbandona ogni ambiguità: dall’episodio in cui unità navali russe avrebbero puntato armi contro mezzi danesi dell’Alleanza, alla trama dei sorvoli anonimi come i quindici droni sopra il poligono di Elsenborn in Belgio, fino all’allarme di ampio respiro: Zelensky avverte l’Europa che il Cremlino cerca l’escalation oltre i confini ucraini. La guerra ibrida non colpisce solo il morale: è un logoramento quotidiano dei nervi, una strategia di pressione costante che sposta il baricentro della sicurezza europea verso il cielo basso dei droni e il mare stretto delle provocazioni.

"La Russia è una spina nel fianco di una trentina di paesi. Mi sembra che ogni settimana qualcuno venga preso di mira..." - u/9447044 (1361 points)

Il dominio invisibile è il nuovo fronte: i disturbi settimanali ai satelliti militari britannici trasformano l’orbita in un campo di battaglia, mentre la risposta sul terreno assume forme asimmetriche come il colpo dei droni ucraini a una grande raffineria negli Urali. L’Europa si scopre permeabile e interdipendente: le interferenze sullo spettro, i sensori a bassa quota e le filiere energetiche sono tasselli dello stesso scacchiere.

Regimi e piazze: la resa dei conti del post‑primavera

Il patto sociale scricchiola da Rabat a Tunisi. La sollevazione della Generazione Z in Marocco, nata dal dolore per morti evitabili e cresciuta contro corruzione e servizi pubblici al collasso, riapre il dossier di una modernizzazione promessa e mai consegnata. In parallelo, la condanna a morte in Tunisia per post contro il presidente certifica la nostalgia autoritaria: quando un profilo social diventa casus belli giudiziario, è il sistema a confessare la propria insicurezza.

"Nulla mostra il fallimento della primavera araba quanto questo titolo. La Tunisia è stata l’epicentro iniziale e ora è tornata al punto zero. Che peccato..." - u/JackC1126 (1178 points)

La rendita geopolitica non perdona i vinti: persino l’ombra lunga di Damasco s’infrange sulle nuove convenienze, tra versioni e smentite attorno all’avvelenamento dell’ex dittatore siriano in territorio russo. Il messaggio che trapela dalle piazze e dai palazzi è speculare: i giovani reclamano dignità, gli apparati rispondono con il codice penale o con operazioni opache; entrambe le parti sanno che il tempo della finzione è finito.

Frontiere mobili della forza: dal Caribe a Gaza

La proiezione militare oltre confine ridefinisce la normalità. Il nuovo attacco statunitense a un’imbarcazione al largo del Venezuela codifica cartelli e traffici come nemico “armato” in mare aperto, spostando il dibattito dal diritto del mare alla dottrina dell’eccezione permanente. Ogni raid allarga la cornice: la guerra al crimine diventa materia di guerra tra stati in tutto fuoco lento.

"Dare per scontato che tutti i civili dentro una città assediata siano combattenti nemici: a me suona come un crimine di guerra..." - u/splittingheirs (1867 points)

Lo stesso scivolamento semantico si vede nell’ordine di evacuare Gaza City con l’avvertimento che chi resta sarà considerato militante: il confine tra obiettivo militare e popolazione si assottiglia fino a sparire, e con esso la legittimità percepita. Nel mondo che emerge dalle discussioni, la forza detta i tempi, ma è la percezione pubblica a scrivere il giudizio finale.

Il giornalismo critico mette in discussione tutte le narrative. - Luca De Santis

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